D445 1086, la dura vita di un locomotore
Il locomotore D445 1086 nell’ottobre 2001, appena uscita dalla RG e poco prima di essere pellicolato XMPR al DL di Treviso – Foto di Marco Cantini
Introduzione
Il 24 luglio 1986 prendeva
servizio il D445 1086, andando a rinfoltire quello che sarebbe stato, ed è
tuttora, il gruppo più numeroso e recente di macchine diesel da treno
delle Ferrovie dello Stato. Appartenente alla terza serie di questi
rotabili costruiti fin dal 1974, non aveva alcuna particolarità
specifica, mantenendo caratteristiche tecniche ed estetiche delle
"consorelle". Colorata in livrea “navetta”, stando a quanto raccolto fu
inizialmente assegnata al deposito di Verona; vi rimase fino al 1991, quando
passò al DL di Treviso per correre sulle linee non elettrificate del
Veneto a noi certamente più familiari: quella del Cadore e la direttissima
mancata del Fadalto.
La 1086 si è sempre comportata abbastanza bene, conducendo la sua onesta carriera al servizio dello Stato e dei cittadini con treni non “di rango” prevalentemente al traino e in spinta di carrozze MDVC. Nel 2001 riceve la nuova livrea XMPR ma i suoi servizi non cambiano, se si eccettuano sporadiche presenze al traino dell'espresso periodico Roma-Calalzo (qualche anno fa affidato di norma al D445 1035), e anzi dense nubi si intravedono all’orizzonte oramai da tempo: la riorganizzazione del gruppo FS, i continui tagli, le difficoltà legate alla manutenzione sono forse il preludio alla vicenda che l’ha vista, suo malgrado, protagonista.
La situazione
Nella nostra breve cronistoria
siamo già in prossimità della fine; corre il gennaio del 2006 e la
nostra locomotiva è ancora assegnata
al DL di Treviso, ma le cose non vanno bene da tempo: delle 24 macchine
assegnate, almeno tre (1094, 1113 e 1150), probabilmente le migliori, se
ne sono
andate per servizi di scorta sulle linee AV, e le ultime delle classe
rimaste, un po' tutte, sono costrette a sobbarcarsi sempre maggiori
oneri. In caso di guasto si fa solo in modo che
un locomotore possa riprendere servizio nel più breve tempo possibile,
spesso con riparazioni al volo limitate al minimo indispensabile: le
officine sono costrette
infatti a fare di necessità virtù, poiché sono sempre numerosi i locomotori
guasti (oramai anche i 445 non sono più nuovissimi), e le navette di Treviso da assicurare giornalmente sono 16.
Una via
d’uscita in caso di mancanza di D445 ci sarebbe, o meglio, avrebbe potuto
esserci: pressoché defunto il traffico merci sulle linee diesel (e non
solo), sono sempre numerosi i D345 attrezzati per il servizio navetta
fermi nei vari depositi, così come i carri motogeneratori (nVrec e nVDrec)
ben visibili a Treviso; aver tenuto qualcuno di questi ultimi efficiente
poteva forse essere anacronistico, ma si sarebbe rivelato una scelta
lungimirante. Tornando alla cronaca, già da fine 2005 si inizia a
rasentare pericolosamente la quota critica di 16 locomotori efficienti, e
nel mese di gennaio, con una situazione oramai incontrollata, questa viene
superata (in negativo) sistematicamente.
Ciò porta, in quel periodo, ad avere treni numerati 11000, e quindi solitamente a materiale ordinario, ad essere effettuati da automotrici Aln 668 nella loro composizione abituale di due unità, anche nelle fasce orarie di massima frequentazione, e inevitabilmente a sfruttare oltre ogni piano previsto dai turni di servizio le D445 funzionanti rimaste.
L’epilogo
La
mattina del 27 gennaio 2006 la 1086 è tra le macchine in regolare
servizio, e parte da Padova alle 6 del mattino con l’11104. E’ un giorno
particolare, quello, che sarà ricordato per la copiosa nevicata che ha
coinvolto gran parte del Nord Italia, e che a Belluno ha portato dai 50 agli
oltre 100 centimetri di neve fino a fondovalle. Ma la 1086, posta in testa
al treno e forte delle sue 76 tonnellate non si lascia certo intimorire e riesce
miracolosamente a risalire la valle del Piave con pochi minuti di ritardo.
Passato il feltrino, la zona in cui la neve è caduta più abbondante, il
treno ferma regolarmente a Santa Giustina e poi a Bribano; la prossima è
Belluno, ma quel giorno l’11104 non ci arriverà. Al km 76 presso San
Fermo, infatti, il convoglio perde rapidamente velocità fino ad
arrestarsi; incuriositi, alcuni dei pochi viaggiatori a bordo si
sporgono dai finestrini e notano un denso fumo nero levarsi dalla testa
del treno. Per la 1086 è la fine. Viene lanciato immediatamente
l’allarme, ma siamo in aperta campagna e anche per la neve, oramai oltre
i 40 centimetri, il luogo non è raggiungibile dalle autobotti dei Vigili
del Fuoco. Nel frattempo il motore della macchina viene spento, ma le
fiamme iniziano a destare preoccupazione e il capotreno fa accomodare i
viaggiatori nell’ultima carrozza, giocoforza senza riscaldamento (come
si precipitano ad informare gli organi di stampa, quasi fosse il
problema più grave). Arrivano, anche grazie ad una motoslitta, Vigili
del Fuoco e volontari del Soccorso Alpino, ma i loro estintori
sortiscono poco effetto, e ci si aiuta come si può spalando neve sulle
fiamme che nel frattempo hanno avvolto tutto il locomotore, ad eccezione
della cabina di testa. Dopo due ore il fuoco non è ancora domato, e la
1086 si sta pian piano spegnendo da sola, in quanto oramai arse
completamente le parti infiammabili, e anzi l'incendio si sta addirittura propagando alla prima carrozza. Non si è
infatti potuto sganciare prontamente il locomotore dal resto del treno,
poiché in quel tratto la linea ha pendenza del 14 per mille, e l’unione
dei rotabili è avvenuta, come ben sappiamo, previo compressione dei respingenti. A poco
servono le polemiche in tal senso fatte dai volontari del Soccorso Alpino
contro il personale delle Ferrovie:
sarebbe servito un locomotore appropriato per scomporre il treno, e in
fretta (chi si sarebbe introdotto tra locomotore e
carrozza, entrambi in fiamme?), ma a Belluno, a parte il povero e
incolpevole 214,
non ce n’è ombra. Alle 11, finalmente, viene fatta giungere sul luogo una
provvidenziale coppia di Aln668 (il materiale del 5738), che preleva i
viaggiatori dal treno fermo oramai da più di due ore e li riporta a Bribano dove li attende un pullman per Belluno. Nel primissimo pomeriggio
giunge un D345, che porta il convoglio sotto al cavalcavia di Triva-Pasa
dove, da sopra, la 1086 viene definitivamente spenta. Sono oramai passate
le 14, ma la linea viene liberata alle 15, quando il treno viene
ricoverato alla stazione di Bribano; le carrozze sono subito sganciate e
portate via, mentre la 1086 rimane col suo cadaverico aspetto sotto il
segnale di partenza di Bribano lato Belluno fino all’indomani, quando
mestamente lascia, forse per sempre, i binari della nostra provincia.
La notizia è rimasta confinata pressoché in ambito regionale e non ha
avuto ampio risalto, ma a livello locale qualche organo di informazione,
nonostante alla fine non sia accaduto nulla, ha come al solito esagerato
titolando: “Fiamme sul locomotore, terrore in treno tra i
passeggeri”.
Quel che resta della 1086 dopo l’incendio, ricoverata sotto al segnale di partenza di Bribano lato Belluno, nella mattina del 28 gennaio 2006 – Foto Rudy Vallet
Conclusione
Nonostante le premesse,
questa breve storia non vuole emettere alcuna sentenza nei confronti di
Trenitalia o della DTR Veneto, in quanto resta difficile stabilire le
reali cause dell’incendio, e un episodio di questo genere rimane
oltretutto ad oggi più o meno isolato. Non si può infatti dire con
certezza che la 1086 sia andata distrutta per la scarsa manutenzione o
perché sottoposta a turni estenuanti; non sembra tuttavia corretta nemmeno
la spiegazione uscita sulla stampa, ovvero che il problema si sia
verificato per lo sforzo eccessivo di
trazione dovuto alla neve caduta sui binari. Neve che comunque pare avere
una qualche responsabilità: probabilmente entrata da una delle molte
aperture anche grazie a qualche vortice originato dal moto del treno,
potrebbe aver danneggiato le apparecchiature elettriche da cui
sarebbero scaturite le fiamme.
Dopo l’uscita di scena
più o meno definitiva della 1086 la situazione al DL di Treviso in quel
periodo, com'era prevedibile, si è
ancora più aggravata. Ma dopo alcuni interminabili mesi (di ritardo),
almeno l’emergenza è rientrata: sono arrivate nell’ordine i
D445 1136, 1133 e 1019 (quest'ultima peraltro mai entrata in servizio ed in seguito
ripartita per il Sud), riuscendo a coprire, con un pur limitato margine, i
servizi di trazione dei treni navetta, cui le automotrici, a partequalche sporadico caso, hanno lasciato volentieri il
posto suscitando anche la gioia dei viaggiatori. Treni navetta che
continuano comunque a non navigare in buonissime acque, vista anche la
stabile assegnazione ad alcuni di essi (fino a una mezza dozzina) di
vetture inadeguate e pesanti quali le UIC-X di varie epoche che nel
corso degli anni '90 hanno subito interventi di rimodernamento.
La 1086 nel suo lungo soggiorno trevigiano e protetta dal tipico telone, qui caduto– Foto Alessandro De Nardi
La 1086
ha passato quindi un lungo periodo al DL di
Treviso, e le sue condizioni si sono addirittura aggravate rispetto a quando ha lasciato Bribano: è notizia certa, infatti, che una notte abbia nuovamente preso
fuoco, sembra a causa delle batterie che per alcune reazioni chimiche hanno
innescato ancora una volta le fiamme; rimasta a lungo in attesa di
disposizioni e a rischio demolizione, recentemente ha preso la via di
Rimini per la sua rimessa in ordine di marcia: non è un problema,
infatti, il lieve cedimento del telaio a causa dell’alta temperatura,
poiché anche un’altra macchina, la già ricordata 1035 che nel corso del
2007 è stata trasferita a Reggio Calabria, subì un incendio
che ne danneggiò la struttura portante ma continua egualmente a prestare
regolare servizio.
Testi e considerazioni di Rudy Vallet.
Un sincero grazie all’amico Luca per le
informazioni e per avermi permesso, con la sua pronta segnalazione, di
realizzare il modesto reportage fotografico di cui qui compare uno
stralcio; grazie anche a Marco Cantini per aver prontamente e
gentilmente messo a disposizione le splendide fotografie del D445 1086
in livrea navetta, ad Alessandro De Nardi e Alessandro Zocca per i loro
scatti.
Per una ulteriore documentazione fotografica si consiglia di
visitare il sito dei Vigili del Fuoco di Belluno e consultare, per chi
eventualmente riuscisse a farlo, i quotidiani locali “Corriere delle Alpi”
e “Gazzettino di Belluno” del 28 gennaio 2006.