Stazione di Faè Fortogna e dintorni

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aln
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Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da aln »

La stazione di Faè Fortogna fu un impianto di una certa importanza, anche se oggi si faticherebbe a crederlo dopo che è stato potato tutto il potabile.

Immagine

Questo è il disegno allegato alla circolare compartimentale n.° 4 del 1984 datata 14 aprile, su cui ritorneremo più avanti.
Per prima cosa facciamo attenzione al piano binari. Due binari di circolazione. Il terzo serviva per le manovre e per i carri da movimentare nello scalo, e certamente per quanto riguarda il lato Calalzo fu dotato di un deviatoio che immetteva nel solito tronchino; lato Ponte non so. Lo scalo merci. Gli aghi del deviatoio estremo lato Ponte nelle Alpi se ne stavano per pochi metri sul bel ponte sul torrente Desedàn.
Quando fu costruita la stazione (1912) non era dotata del terzo binario evidentemente aggiunto più tardi, forse durante la prima guerra mondiale, o forse successivamente per le accresciute esigenze dello scalo. Non era dotata del solito magazzino merci, a differenza di tutte le altre stazioni coetanee di Ponte nelle Alpi, Longarone, Ospitale (!), Perarolo, Sottocastello (!), Calalzo.
L'attività dello scalo merci era legata strettamente al vicino stabilimento Faesite, aperto nella metà degli anni Trenta. La faesite è un legno sintetico ottenuto da scarti di legno, ridotti per macerazione in pasta e quindi pressati in tavole e pannelli, simile alla masonite o allo mdf (acronimo di medium density fibreboard, pannello di fibra a medià densità). Il nome deriva da quello del paese, Faè. Perdonatemi ora alcune divagazioni extraferroviarie.
Alessandro Marzo Magno, nel sito http://www.linkiesta.it/blogs/c-era-volta/salone-del-mobile-o-del-truciolato-legno-autarchico#ixzz22m7Sl500, ha scritto:L'inventore della faesite, uno dei primi tipi di truciolare (forse addirittura il primo) ha un nome e un cognome: Osvaldo Protti che aveva una fabbrica in quel di Faè (da cui faesite), frazione di Longarone, valle del Piave, provincia di Belluno.
«Nel 1936, quando l'Italia viene sottoposta a embargo internazionale a causa della guerra d'aggressione contro l'Etiopia. Anche l'importazione di legname è vietata e che ti fa il signor Protti? Si inventa il legno sintetico. È il primo in Italia. Due anni più tardi, in occasione delle celebrazioni per il ventennale della Vittoria, lo stesso Benito Mussolini va a rendere omaggio alla "nuova e genialissima invenzione dell'intelligenza italiana", visitando lo stabilimento di Faè. "L'interesse del duce per questa nuovissima materia prima autarchica è assai vivo", osserva entusiasta Nino Nutrizio nel Popolo d'Italia. Cesco Tomaselli spiega nel "Corriere della Sera" come sia ricavato l'autarchico legname sintetico: "Questa ricostituzione del legno (vengono utilizzate ramaglie, scorie, residui di segherie, e cioè tutto il materiale di scarto dell'industria del legname) è ottenuta attraverso una serie di trattamenti che scompongono il legno nelle sue fibre essenziali per riformarlo in tavole flessibili di grande formato. Il punto centrale della lavorazione è costituito da gigantesche presse idrauliche della potenzialità giornaliera di quindicimila metri quadrati di prodotto, funzionanti a pressione di venti atmosfere e riscaldate con vapore ad altissima pressione." Forse c'è un pizzico d'ottimismo di troppo nel sostenere che la faesite "sostituisce in pieno e con migliori risultati ogni sorta di compensato."» (da "Piave. Cronache di un fiume sacro", il Saggiatore)
Osvaldo Protti muore a 84 anni il 9 ottobre 1963, travolto dall'acqua del Vajont.
Anche lo stabilimento fu colpito dall'ondata del Vajont...
Il Corriere delle Alpi mercoledì 8 ottobre 2003 ha scritto: Giancarlo Zanarini lavorava alla Faesite. Per la prima volta racconta
Solo buio e silenzio
«Riuscii a salvare una donna ferita»
Come in un incubo tra le tombe del cimitero di Pirago
di Stefano Campolo
BELLUNO. Quello che vide e che fece la notte del 9 ottobre 1963 non lo ha mai rivelato. Schivo di natura, Giancarlo Zanarini, non ama le ribalte e poi «chi c'era sa già tutto». Sono passati quarant'anni, eppure il racconto scorre fluido, quasi i fatti narrati fossero accaduti ieri. «Come fai a dimenticare», trattiene il respiro mentre gli occhi si fermano in un'espressione di pietra. «Ci ha salvato il bosco di Protti, altrimenti non sarei qui». Quella sera Zanarini era capo turno di notte alla Faesite e con lui c'erano 120 operai. I problemi del Vajont erano arrivati anche in fabbrica, attraverso la voce di alcuni dipendenti che andavano a pesca: «Mi raccontavano che lungo il lago si notavano dei movimenti franosi, ma quella notte del 9 ottobre nessuno pensò al Vajont, ma alla diga di Pontesei».
Quella notte cominciò così. «Verso le 10 venne a farci visita il direttore dello stabilimento, Lucio Della Mora. Poi risalì in macchina e fece per ripartire verso Pirago, dove abitava con la famiglia. Fu richiamato da un mio collega che voleva istruzioni sul giorno seguente. Ridiscese dall'auto e si fermò per altri dieci minuti. Uscito dallo stabilimento, sul rettilineo che dalla fabbrica va verso Faè, fu investito dalla coda dell'acqua e per questo si salvò. Se non si fosse fermato quei dieci minuti in più sarebbe morto. «Appena l'auto se ne andò sentii alcuni autisti che urlavano perché i loro autotreni si muovevano verso il Piave investiti dalla prima ondata di acqua e le cisterne vuote, facendo da galleggiante, spostavano i camion. Dalla finestra della centrale ho visto arrivare l'onda di piena. Sul piazzale c'erano 200 mila quintali di legno. Fino a quando l'onda non ha investito la parte bassa della nostra centrale elettrica i piazzali erano illuminati a giorno. Come ho visto i rimorchi carichi di legna che si rovesciavano nell'acqua, istintivamente ho staccato l'energia dall'interrutore principale e poi ho cercato di scappare. Siamo rimasti al buio, ma i due fuochisti Giobatta De Dea e Angelo De Col, insieme all'elettricista di turno Giacomo De Bettio, hanno salvato la fabbrica. A rischio della vita, prima di scappare hanno aperto gli sfiati della caldaia impedendo che implodesse». «Sembrava il terremoto», prosegue Zanarini, «tegole che cadevano, poi all'improvviso il silenzio, si sentiva solo l'acqua scrosciare. Il direttore era rientrato in fabbrica e abbiamo cercato di capire cos'era successo. Abbiamo subito pensato alla diga di Pontesei. Dalla centrale elettrica risalendo verso la portineria ho trovato sulla scala del laboratorio parte del cadavere di una donna: non avevamo dipendenti donne, ho capito che era successo qualcosa di molto grave. Il direttore è partito per andare verso la centrale di Col San Martino sopra Fortogna, io insieme a un operaio, Rodolfo Maravai, abbiamo messo in sicurezza i forni perché c'era il pericolo che scoppiasse un incendio. Poi, verso le 23, arrivato in portineria ho cercato di raccappezzarmi con i rimasti, mentre la maggioranza era scappata sopra la ferrovia. Con un camion parcheggiato nel piazzale alto abbiamo cercato di andare verso Longarone. L'autista era Piero Burigo e con noi c'erano Antonio Moro, Luigi Scarpa e Rodolfo Maravai. Arrivati al curvone di Faè abbiamo trovato la strada ostruita da macerie. E i primi cadaveri. La prima in mezzo alla strada era una ragazzina di sedici anni figlia del guardiano di casa Protti e c'erano alcune persone che urlavano sotto le macerie. Si vedevano solo le stelle. A questo punto gli operai hanno cominciato a scavare e dopo alcuni minuti ho pensato di salire verso Villanova per vedere cosa era successo».
Se avessi saputo non sarei andato. «Ho chiesto che qualcuno venisse con me, ma nessuno ha voluto per la paura che venisse ancora giù dell'acqua. Se avessi saputo cosa avrei trovato non sarei andato. Mi sono fatto consegnare una torcia e mi sono incamminato lungo la strada, a tratti praticabile a piedi. C'erano mucche morte e non riuscivo a capire perché ci fossero tutte quelle bestie. C'era un toro che muggiva in fin di vita, non sapevo se andare avanti o tornare indietro. Arrampicandomi fra macerie e legname sono arrivato al ponte sul Maè, poi la strada non esisteva più. Si sentiva solo il rumore dell'acqua del Maè, un silenzio tombale e il buio che riempiva tutto. Stavo per tornare indietro quando ho visto un raggio di luce dalla parte opposta del Piave. Erano i fari di una macchina che saliva da Codissago verso la diga. Era uno di Belluno che trovava le gallerie a monte bloccate e il ponte di Codissago distrutto. Il raggio di luce mi ha permesso di vedere, nel suo ruotare, il campanile di Pirago ancora in piedi».
Il paese non esiste più. «Mi sono arrampicato fino al campanile, l'unica costruzione rimasta in piedi. Non sapevo che lì vicino c'era il cimitero, quando l'ho attraversato pensavo di avere gli incubi, perché i morti recenti erano mescolati a quelli vecchi. L'acqua aveva divelto colombaie e loculi, le casse erano sfasciate e gli scheletri sparsi ovunque, insieme ai resti delle persone travolte dall'onda. Ho avuto un momento quasi di panico, non capivo se stavo sognando, se era l'apocalisse ed ero morto. Mi sono fermato un attimo a ragionare e ho ripreso il cammino fino in cima al colle di Pirago. Lì mi sono reso conto che il paese non esisteva più. La villa dove abitava il mio direttore era sparita. Avevo ancora il dubbio da quale diga provenisse tutta l'acqua scesa. Mi sono avviato verso il centro di Longarone, ho camminato su ghiaia, sassi, macerie, accompagnato dal silenzio rotto solo dallo scrosciare dell'acqua. Ad un certo punto ho visto una torcia elettrica che scendeva dalla parte opposta. Gli sono andato incontro e ho trovato un uomo che non conoscevo, il fratello di Angelo De Col, il fuochista della fabbrica, Ado De Col. Mi ha chiesto informazioni su Pirago e gli ho detto che non esisteva più, senza sapere che lì aveva genitori e parenti. Con la poca luce che rimaneva nella torcia ho fatto un piccolo giro a Longarone, all'altezza del centro e tra le macerie ho riconosciuto una trave del ponte sul Piave e lì ho capito che l'acqua veniva dal Vajont. Ho camminato per un bel po' ma non sono riuscito a vedere né vivi né morti, al che ho deciso di tornare verso Pirago. Alla scarpata sul ponte del Maè ho sentito le voci di Dalla Mora, del vice direttore della Faesite Austoni e di Pellizzari, un dipendente, che parlavano cercando di risalire. Mi sono nascosto perché non avevo il coraggio di dire quel che avevo visto. Li ho lasciati passare, sapevo che il direttore aveva moglie e figli. Giunto sopra il ponte, sotto la ferrovia ho sentito delle voci, il lamento di una bambina e le grida di aiuto di una donna».
La signora De Col. «Erano le prime voci che sentivo nel silenzio di quella notte. La torcia elettrica ormai non funzionava più, ma la vista si era abituata al buio e alla luce delle stelle. La signora De Col urlava e piangeva e implorava il suo bambino. Era una ragazza da poco sposata, di 21 anni, il suo bambino l'acqua glielo aveva portato via mentre stava allattando. Ho cercato di liberarla dalle tavole, ma urlava anche dal dolore perché aveva un braccio, un femore e delle costole rotte. Una volta liberata la signora, ho cercato di raggiungere la bambina che era intrappolata tre le tavole, sanguinante in diversi punti. Ho cercato di sollevarle la testa, ma stava morendo. A quel punto ho visto delle torce elettriche sopra il ponte della strada e ho chiesto aiuto. Mi sono caricato la signora De Col sulla schiena, ho attraversato il Maè nell'acqua e sono riuscito a portarla sopra il ponte. Fra quelle persone c'era un mio collega, Bruno Andriolo, uno degli operai, Antonio Moro, un poliziotto e un signore che si è presentato come dipendente dell'Enel». La signora De Col si salvò e alcuni anni più tardi si risposò con Angelo De Col, il fuochista della Faesite che quella notte aveva salvato la caldaia. Entrambi erano superstiti, avevano perso le rispettive famiglie, ma decisero di ricominciare insieme.
I primi soccorsi organizzati. Il dipendente dell'Enel si tolse l'impermeabile e lo utilizzò per coprire la signora, completamente nuda. «A turno, in spalla la portammo a Pirago, dove è stata caricata su una Bianchina e portata all'ospedale di Agordo. Poi ho deciso di scendere verso Faè. Sulla strada ho sentito un vociare e mi sono visto una torcia elettrica puntata sul viso». Dietro quella torcia c'era un generale degli alpini, era Cavanna con 150 alpini. Alle 3 del mattino i primi veri soccorsi arrivavano a Longarone. «Il generale mi chiese cos'era successo. Gli dissi che Longarone non esisteva più. Mi chiese se stavo bene o se mi sentivo alterato. "Guardi che sono un ex ufficiale della Cadore", dissi. "Allora le credo" mi rispose. Gli ho indicato l'unica strada per arrivare rapidamente attraverso Pirago.
Alla Faesite alcuni operai, ripreso un po' di coraggio, erano ridiscesi dalla ferrovia. L'elettricista mi avvisò che la parte bassa della fabbrica era completamente distrutta. Lì erano spariti 104 fustini corazzati di isocianato (cianuro). Presi la macchina e venni in questura a Belluno per avvisare che lungo il Piave potevano esserci questi fustini pericolosi. Partì un appello radio. Erano le 5, passai a casa per avvisare i genitori e mia moglie che già mi piangevano morto. Ero stravolto, stanco, pieno di graffi e di sangue. Raccolsi le mie cose e tornai alla fabbrica, senza più muovermi da lì per venti giorni. Il direttore aveva perso la famiglia, l'ingegnere era morto, ero rimasto l'unico tecnico che conosceva l'impianto. Iniziò la conta dei morti. Il primo giorno uscirono dai cancelli della Faesite 173 cadaveri, tutti abitanti di Longarone e dintorni trascinati dall'acqua».
Tornando alle cose più frivole della nostra stazione, l'attività dello stabilimento Faesite vi implicò un notevole traffico merci: carri di scarti dalle segherie in arrivo, forse anche carri di combustibile, e carri di materiale finito in partenza. Probabilmente di tutta la ferrovia del Cadore fu l'impianto che movimentò più merce e per maggiore tempo, tralasciando il periodo bellico sul quale - a ogni modo - ci sarebbe molto da scrivere e ancor di più da indagare.
Andiamo avanti, con quanto già scritto in altre pagine del forum...
Antonio La Quaglia ha scritto:...Faè Fortogna, che per un periodo ha avuto segnalamento semplice di prima categoria per i pari e doppio segnalamento di protezione e partenza per i dispari, con i segnali di partenza (due, uno per il primo e uno per il secondo binario) che non erano segnali di blocco, visto che c'era il Du, ma proteggevano 5 pl di linea manovrati dal guardiano del PG km 94. Uno dei rarissimi casi di stazione retta da aiutante di movimento su linea a Du munita di doppio segnalamento di protezione e partenza.
Antonio La Quaglia ha scritto:Nel 1967 venne dotata di segnalamento di protezione di prima categoria, e relativo segnale di avviso, sia per i dispari che per i pari, e solo nel 1984 venne dotata di doppio segnalamento di protezione e partenza per uno dei due sensi di marcia.
E aggiungo che fino al 1967 era munita di solo segnalamento di seconda categoria con una particolarità abbastanza strana: entrambi i segnali di seconda categoria, sia quello per i dispari, sia quello per i pari, erano posti a destra senso marcia treno. Vi erano altre stazioni con uno dei due segnali di seconda categoria posti a destra, tipo Perarolo e Sottocastello per i pari, ma stazioni con entrambi i segnali a destra erano veramente rare. E uno dei due segnali di quella stazione è tuttora visibile, anche se solo in fotografia...
Questa è la fotografia...

Immagine

Ora questo luogo è molto differente. La chiesa e quel caratteristico basso edificio vicino si riconoscono, il resto no. Oggi la strada statale corre parallela alla ferrovia senza attraversarla. La casa cantoniera doppia sembra sia stata demolita nei giorni immediatamente successivi alla strage del Vajont per agevolare la viabilità dei mezzi che intervenirono nella zona. Nel punto dove è stata scattata la fotografia oggi c'è il cavalcavia che porta in paese (Fortogna) proveniendo da nord.
Antonio La Quaglia ha scritto:Faè Fortogna l'unica stazione retta da aiutante di movimento con segnali di partenza, per i dispari e per proteggere 5 Pl comandati da un guardiano che, dopo averli chiusi ed inserito le chiavi che assicurano la chiusura in un piccolo apparatino, concedeva il consenso elettrico all'apertura del segnale di partenza. Ovviamente tali pl, per i pari, erano protetti dal segnale di partenza di Ponte nelle Alpi.


Eccoci dunque all'anno 1984, con la circolare citata più su e il suo disegno che mostra scritte e stampate nero su bianco le cose anticipate da Antonio.
Circolare compartimentale n.° 4 del 1984 datata 14 aprile ha scritto:Stazione di Faè Fortogna
Attivazione segnalamento di partenza, lato Ponte nelle Alpi, a protezione PP.LL.

Alle ore 10.30 del giorno 15 maggio 1984, nella stazione di Faè Fortogna, verrà attivato il segnalamento di partenza lato Ponte nelle Alpi a protezione dei PP.LL. di linea [...] km 95+554, km 95+162, km 94+628, 94+081 e km 93+611. [...]
Tratta Faè Fortogna - Ponte nelle Alpi
Protezione dei PP.LL. di linea

Dalla predetta ora e data di attivazione della presente Circolare, per avvenuta installazione dei dispositivi di "Consenso PL" nel PG km 94+088, i PP.LL. km 95+554, km 95+162, km 94+628, 94+081 e km 93+611 sono da considerarsi protetti da i segnali di partenza di Faè fortogna per i treni dispari e Ponte nelle Alpi per i treni pari.
Questa situazione non durò a lungo. Già nel 1985 uno dei passaggi a livello in questione fu definitivamente soppresso a seguito della realizzazione dell'opera stradale sostitutiva. E ancora nel giro di pochi anni tutti i PL furono chiusi. Ma sarebbe stato troppo facile se Faè Fortogna avesse chiuso "baracca e burattini" in questo modo... qualcosa stava "bollendo in pentola".

Continua. :wink:
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da barazzuol »

Interessante anche la faccenda della faesite, doveva essere una di quelle costose porcherie autarchiche di scarsa qualità, spacciate per prodotto innovativo.
Quindi la villa Protti, i cui resti si vedono passando dall'Alemagna, era propietà del re della faesite.

Attendo la continuazione.
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aln
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da aln »

Un progenitore del Protti della Faesite - che dire porcheria mi sembra un po' eccessivo, visto il successo e la grande diffusione anche attuale di quella idea - aveva fondato nel 1900 un cartonificio che fu, tra l'altro, raccordato alla ferrovia presso la stazione di Longarone. Il binario è quello che si staccava dal terzo binario lato Ponte nelle Alpi e che si vede nella foto che attualmente fa da copertina al sito. Allargando l'inquadratura avremmo potuto vedere il tipico cancello FS e il binario che arrivava a un magazzino, collegato con una teleferica allo stabilimento produttivo situato dall'altra parte della Piave allo sbocco della valle del Vajont.
barazzuol
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da barazzuol »

Ah, non sapevo che la faesite esistesse ancora. Pensavo fosse la bruta copia della masonite e che fosse scomparsa in seguito alla diffusione delle materie plastiche, come il Moplen di Bramieri per esempio.
Il legno è il tuo regno, Aln :D
tradotta
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da tradotta »

Oh mio dio, quante robe imparo leggendo ALn, La Quaglia, Ellis e dintorni!!
Lasciatemi elaborare il tutto perché qui c'è Tanta Roba!! (sapevo solo della Faesite e dei numerosi carri merci che venivano spediti fino a tutto il 1987 visto che la data di disabilitazione al servizio merci a carro è del 1° gennaio 1988, altro non sapevo...)
Capostaz
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da Capostaz »

Il fatto che la protezione non mostrasse mai il Giallo lato Calalzo era comune anche alle Stazioni rette da assuntore nella Vittorio - Ponte?

Non vorrei dire una fasseria ma mi pare che alla stazione di Faè-Fortogna c'era pure una Decauville che andava verso la vetreria Polla.
Gianni Giannelli
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da aln »

Mantenendo per ancora un po' il segreto di pulcinella che bolliva in pentola a Faè Fortogna tra gli anni Ottanta e Novanta, scrivo ancora qualcosa...
Capostaz ha scritto:Il fatto che la protezione non mostrasse mai il Giallo lato Calalzo era comune anche alle Stazioni rette da assuntore nella Vittorio - Ponte?
Credo ti riferisca alla protezione lato Ponte, comunque anche sulla Vittorio - Ponte con gli Apparati a Maniglie e Serratura DU il segnale di prima categoria poteva mostrare gli aspetti rosso e verde, mentre quelli di avviso gli aspetti giallo e verde.
Capostaz ha scritto:Non vorrei dire una fesseria ma mi pare che alla stazione di Faè-Fortogna c'era pure una Decauville che andava verso la vetreria Polla.
La cosa non mi stupirebbe. Binarietti a scartamento minimo in passato erano di uso frequente per facilitare il trasbordo delle merci: seppure con caratteristiche tra loro differenti erano sicuramente presenti anche a Calalzo, Castellavazzo, Feltre e Vittorio.
Prima scrivevo solo dello stabilimento Faesite, ma effettivamente la nostra stazione non lavorò solo per quello. C'era lo stabilimento dei fratelli Polla che - ho letto - produceva serramenti in legno (e ovviamente per completare un serramento serve pure il reparto vetreria) e c'era la stazione di arrivo di una teleferica che portava a valle il legname dai boschi della bella e amata conca di Cajada. Questo impianto lavorò probabilmente fino al secondo dopoguerra, perché il trasporto di legname per ferrovia, su tutta la linea del Cadore, conobbe un generale e drastico declino negli anni Cinquanta. Ma chissà se il legname dei boschi di Cajada veniva inoltrato sui binari SAIF della Bribano - Agordo fino alle miniere della Valle Imperina... a fine Ottocento, senza treni, questo trasporto veniva effettuato, tanto che si pensò di costruire una strada che da Cajada conducesse direttamente alla stretta dei Castei in Val Cordevole aggirando la Schiara e passando per la Val Vescovà.
barazzuol ha scritto:non sapevo che la faesite esistesse ancora
La faesite di per sè è un preciso brevetto e ignoro se esista ancora tale e quale. Sicuramente esiste ancora ed è molto diffusa la stessa idea di fondo, quella dei pannelli di fibra di legno.
tradotta ha scritto:...carri merci che venivano spediti fino a tutto il 1987 visto che la data di disabilitazione al servizio merci a carro è del 1° gennaio 1988...
In altra pagina del forum, Barazzuol ci diceva che la certificazione di impresenziamento ai soli fini commerciali è stata scritta con l'Ordine di Servizio n.° 8 del 15 febbraio 1988.

Questa foto invece potrebbe risalire a venti e più anni prima perché, nel grande formato, si riconosce un dischetto da deviatoio che potrebbe essere stato tolto assieme al segnalamento semaforico nel 1967...

Immagine

Incredibile e impeccabile l'aiuola fiorita in primissimo piano; bello e robusto il merci con la 740.103; in evidenza il solito segnale per il presenziamento e/o la fermata dei treni; in lontananza sul binario dello scalo un braccio meccanico col "ragno" probabilmente impegnato a scaricare scarti di legno per la Faesite.
tradotta ha scritto:...tanta roba...
Posso aggiungerne un'altra, vero? Altra foto: questa è di Federico Carraro...

Immagine

Fate attenzione all'edificio più a destra e adiacente al primo binario (già potato). Vedete i due binari che escono e si avvicinano perpendicolarmente al binario? Li veniva spinto e soprattutto sollevato e girato a mano il carrello (sembra una draisina tipo Fiat 5oo) che effettuava la visita linea fino a Calalzo necessaria ogni mattina per riaprire la linea al regolare servizio. Questo nei primi anni della sua istituzione avvenuta, mi pare, a fine anni Settanta quando venne cancellata la visita linea quotidiana a piedi su cui Antonio La Quaglia certamente potrà raccontarci molte cose. Successivamente il carrello veniva ricoverato a Longarone.

Continua. :wink:
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da tradotta »

Attenzione: io parlo di DISABILITAZIONE al servizio merci che, come sai, può essere disgiunta e distinta da altre disabilitazioni (per esempio servizio biglietti e collettame) e impresenziamenti. Nel caso di Faé il mio bollettino commerciale recita la data del 1° gennaio 1988 come termine ultimo di accettazione di ricevimento e spedizione merci a carro completo. Successivamente è intervenuto l'impresenziamento in base ai dati di Ellis e che collimano con i miei.

Peraltro, a titolo di curiosità, segnalo che Faé venne disabilitata una prima volta a traffico merci a carro TRANNE per i trasporti da e per la Faesite a far data dal 1° gennaio 1983. Significa che in quell'impianto non erano accettati traffici merci a carro completo che non fossero per la Faesite.

Interessante il ricovero per la draisina in quell'impianto: mi ricorda quello di Colle Isarco cui ho trascorso anni della mia vita (non a fissare sempre quel binarietto eh :mrgreen: :mrgreen: )

PS, ALn! Una volta o l'altra tira fuori la storia anche di Ospitale di Cadore: perché mi porto dubbi grossi come una casa da almeno TRENT'ANNI! :|
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da barazzuol »

Il fatto che la protezione non mostrasse mai il Giallo lato Calalzo era comune anche alle Stazioni rette da assuntore nella Vittorio - Ponte?
E' comune a tutte le stazioni e fermate munite di semplice segnalamento (oggi mi sembra ci sia solo Spinazzola in queste condizioni)
Anche andando d'intuito, la protezione non avrebbe potuto mostrare il giallo, cioè l'avviso di qualcosa che non c'è.

Secondo i regolamenti un segnale di prima categoria può mostrare solo 3 aspetti: rosso, verde e (se ha 2 luci) rosso/verde.
Per fermare un treno in una stazione o fermata con semplice segnalamento bisogna disporre il segnale di protezione a via impedita, dopo l'apertura (a verde quindi) il treno entra a 30km/h e si ferma al segnale d'arresto (bandiera o luce rossa del segnale che si vede in foto di fronte al FV) come prescritto dall'art.6 comma 3 del RCT o art.21 comma 6 dell'IPCL.
Per evitare la fermata non necessaria si omette il segnale d'arresto e si mostra la paletta verde.
Capostaz
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da Capostaz »

Il ripasso di un po' di norme e regolamenti non mi farebbe male :oops:
Per fermare un treno in una stazione o fermata con semplice segnalamento bisogna disporre il segnale di protezione a via impedita, dopo l'apertura (a verde quindi) il treno entra a 30km/h e si ferma al segnale d'arresto
Credevo bastasse il Giallo - Verde per l'ingresso, poiché la linea era esercitata in blocco telefonico e quindi la limitazione a 30 km/h imposta dall'avviso si manteneva anche oltre il segnale di 1^ categoria.
Per evitare la fermata non necessaria si omette il segnale d'arresto e si mostra la paletta verde.
Sulla paletta nel caso delle assuntorie ho i miei dubbi, visto che ad utilizzarla è il Dirigente Movimento.
Forse bastava la sola omissione del segnale di fermata.
Gianni Giannelli
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

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Da un vecchio Regolamento sui Segnali, foto di Favrik.

Immagine

Collegamento per visualizzare la foto interamente.
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da barazzuol »

Mi viene il dubbio se sia possibile (almeno in questi impianti obsoleti) disporre l'avviso a via impedita e contemporaneamente la protezione a via libera.
Altrimenti, per come la vedo io, l'assuntore o DM apriva la protezione appena il treno oltrepassaval'avviso, così da evitarne l'arresto al segnale e imponendo comunque l'ingresso o transito a 30km/h sugli scambi.
Capostaz
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da Capostaz »

Di norma negli ACE la manovra del segnale di protezione e quella del segnale di avviso è effettuata mediante il rovesciamento di due leve distinte il che permette - rovesciando la sola leva di segnale di 1^ ctg. - di aprire la protezione mantenendo l'avviso come "avviso di via impedita".
Anche negli "Apparati a maniglie e serratura a DU" come quello della Stazione per l'Alpago la manovra dei due segnali era separata.
Negli ACEI invece la manovra distinta dei due segnali non è più possibile.

Bello il 3° caso dello RS in cui il segnale di avviso mostra il triangolo di velocità! :D
Gianni Giannelli
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lucam91
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da lucam91 »

Capostaz ha scritto: Negli ACEI invece la manovra distinta dei due segnali non è più possibile.
Raramente in qualche vecchio ACEI si trovano delle levette per la chiusura del segnale di avviso, generalmente se queste stazioni avevano il blocco manuale.
Luca Mazzucco - lucam91
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Re: Stazione di Faè Fortogna e dintorni

Messaggio da aln »

Torno a Faè Fortogna, dopo aver consultato l'enciclopedico Antonio La Quaglia, che da qualche giorno manca nel forum perché, abitando a Piovarolo o Rocca Imperiale, ha a sua disposizione solo un telegrafo, mica internet!
:mrgreen:
aln ha scritto:Il terzo [binario di Faè] serviva per le manovre e per i carri da movimentare nello scalo, e certamente per quanto riguarda il lato Calalzo fu dotato di un deviatoio che immetteva nel solito tronchino; lato Ponte non so.
Un altro deviatoio con un altro trochino con un altro fermacarri era presente anche lato Ponte.
Ritorno al traffico della Faesite. Quando si costruì il basso edificio del Servizio Lavori che ha anche la rimessa per la draisina col binario perpendicolare, fu accorciato il binario dello scalo merci: ciò provocò qualche "incavolatura" perché si perdeva qualche metro di prezioso binario dove mettere i carri per la Faesite.
tradotta ha scritto:Faé venne disabilitata una prima volta a traffico merci a carro TRANNE per i trasporti da e per la Faesite a far data dal 1° gennaio 1983. Significa che in quell'impianto non erano accettati traffici merci a carro completo che non fossero per la Faesite.
Nel 1984 abbiamo visto il "potenziameto infrastrutturale" della stazione col nuovo impianto di sicurezza.
Nel 1985 il movimento di carri per la Faesite era già ridotto a zero e nella stazione c'erano solo dei carri accantonati in attesa di demolizione.
Nel 1987-1988 erano stati chiusi tutti i PL protetti dai segnali di partenza accesi tre o quattro anni prima. Negli stessi anni l'orario prevedeva a Faè Fortogna un solo incrocio, tra un viaggiatori e un merci straordinario che non veniva effettuato molto spesso. Così fu soppressa la stazione di Faè. Ma come anticipavo la storia di questo impianto non era ancora finita.
Erano gli anni in cui si pensava a dismettere la Dirigenza Unica per andare verso la Dirigenza Centrale Operativa, passando per una fase intermedia di Dirigenza Locale. Il 31.3.1992 fu l'ultimo giorno col D.U. da Ponte nelle Alpi in su. E a Fortogna fremevano i lavori per installarci un ACEI non presenziabile / solo telecomandabile dal DCO. Fu installato tutto: nuovi segnali di zecca, i cui supporti sono tutt'oggi visibili; nuovi deviatoi a manovra elettrica; la sala relè che si intravede ancora oggi da una finestra; un piccolo banco attrezzato col solo quadretto topografico della stazione. C'era tutto, l'impianto era pronto. Nel 1993 si attivò il DCO. Nella dispensa illustrativa preparata per l'occasione nel luglio del 1993 dal Centro di formazione di Venezia, Faè è indicata come l'unico posto satellite dove è installato un apparato ACEI di tipo impresenziabile, essendo un caso di stazione che... - cito -
...non è frequentemente interessata da manovre.
Per questi ultimi impianti non è realizzato il banco di manovra con annesso QL ma solo un quadretto topografico a disposizione del personale del treno (CT, o in sua assenza PdM). Il quadretto riporta solo le condizioni relative agli enti di linea (blocco, PL, ecc.) ed è utilizzato nel caso di partenze a via impedita. Non ci sono dispositivi di soccorso salvo il tasto TlBca (tasto liberazione blocco conta assi) e un tasto di accensione delle ripetizioni.
Nell'UM esistono dispositivi di comando locale di emergenza degli itinerari di partenza, denominati CLE, da utilizzare da parte del personale dei treni e su ordine del DCO in caso di disconnesione del PS (posto satellite) dal CTC e quindi in mancanza di ricezione dei comandi di itinerario.
Gli impianti impresenziabili possono funzionare solo in regime di telecomando, in caso di guasto il personale del treno provvede, su disposizione del DCO, anche agli interventi di emergenza sui deviatoi utilizzando idonei dispositivi di manovra a mano. Tali dispositivi sono attivati da una chiave normalemnete bloccata nei pressi del deviatoio e che può essere liberata su comando del DCO, ovvero mediante azionamentodi un tasto piombato di liberazione artificiale.
A Faè era tutto pronto, ma l'impianto non fu mai attivato, evidentemente non lo si ritenne più necessario vista la breve distanza da Longarone, così rimase una semplice fermata. Parte delle apparecchiature presenti sono state cannibalizzate a beneficio di altri impianti della zona. Parte delle apparecchiature è rimasta li.
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